16 novembre, 2009

Sarto。Identità


Capisco ogni giorno di più che quello di muratore è un lavoro molto filosofico. Se per un momento togliamo lo sguardo dai muscoli dei muratori e dalla pesantezza del loro lavoro, ciò che resta è davvero delicato e filosofico. Negli ultimi mesi, i muratori hanno demolito tutti i muri vecchi che hanno potuto. E’ rimasto solo un guscio. Poi, hanno fatto i muri nuovi, ed ora, stanno tagliando i muri nuovi.

Già! Demolire poi costruire, e demolire ancora. E’ come fare un vestito, i muratori hanno fatto la stoffa e poi tocca ai sarti. Idraulico ed elettricista sono arrivati con il metro in mano, hanno misurato i muri e con lo spray hanno fatto dei segni sui muri dove verranno fatti i tagli. I segni hanno riempito la casa. E poi, i muratori hanno tagliato i muri esattamente in corrispondenza dei segni.

Ecco, il lavoro di muratore non è rigido come sembra, è delicato e necessario per creare uno spazio organico per gli esseri umani.

Ma che tipo di spazio dobbiamo creare nella casa? Come per i vestiti, ognuno ha il suo gusto. In questo mese, abbiamo sentito tanti consigli e fatto discorsi seri per rispondere a questa domanda. Dopo ogni proposta o nuova idea ci sentivamo sempre più vicini al traguardo. Per quanto riguarda la domanda: ‘che tipo di spazio dobbiamo creare?’, non importa quale tipo di design seguire, lo spazio che abbiamo è piccolo ed i mobili che potremo usare per riempirlo saranno più funzionali che di puro arredamento.

Negli ultimi 15 anni, ho mangiato fuori casa in media almeno 10 volte a settimana, quando poi ero in trasferta mangiavo fuori tutti i giorni. Ho provato di tutto: dal ristorante 3 stelle Michelin alla cucina di strada. Adesso che devo aprire un ristorante mi sono fatta tante volte una domanda: 「che tipo di ristorante voglio fare?」.

「Facciamo i muri bianchi」o 「facciamo i pavimenti di legno」tutti questi discorsi infiniti non rispondono alla domanda. Perché ci sono migliaia e migliaia di tipi diversi di design e ognuno di questi incontrerà i favori di qualcuno e non piacerà ad altri.

Ma da quando, un anno fa, abbiamo deciso di aprire un ristorante continuo a farmi la stessa domanda: 「di tutti i posti dove ho mangiato negli ultimi 15 anni, quale mi ricordo di più?」I ristoranti dove voglio tornare non sono quelli che hanno il Design più bello ma quelli dove ho mangiato bene e ho fatto una chiacchierata interessante con i gestori; quelli insomma dove ho passato una piacevole serata in compagnia.

La memoria di un locale, il suo ambiente e i suoi spazi sono creati dalla gente e dal cibo. L’identità del ristorante nasce dai nostri caratteri e dai nostri piatti. Ma… e il design? Beh, qualsiasi design tu possa mai avere, comunque non si può mangiare.


5 commenti:

Unknown ha detto...

cara

Unknown ha detto...

cara Amy che patemi!
cara Amy è il momento
di trovare l'arredamento.
Certo scegliere bottiglie
e occuparsi di stoviglie
é impresa ben più grata
alla cuoca appassionata!
Ma chi cucina con il cuore
conosce il gusto del colore
e sa mescolare gli ingredienti
di mattoni e pavimenti.
Tanti pareri, tante voci...
prepari delizie e mastichi croci.
Non temere di sbagliare
segui l'armonia del tuo cucinare
e sarà come più ti piace....
salva la padella, evita la brace.

Amy ha detto...

Certo!
è arrivato il momento
di trovare l'arredamento,
il vestito.

Come il ferrari con bel motor,
ma ci voule anche un bel corpo.

Ecco,
Per fortuna c'è il tuo amigo mito!
Ci ha datto un grande aiuto
più un cervello sofisticato!

Camminiremmo su fuoco
Mangeremmo coltello
Faremmo tutto quello che potremmo
insieme tutti e tutto

E come abbiamo detto:
la casa sarà bellissima!

raffaele ha detto...

Ciao Cari,

ho scritto ieri un post sul libro di Paolo 'Se vi accontentate'.. e se volete andatelo a leggere sul blog del Nascondiglio. Il libro mi è piaciuto molto e mi sembrava doveroso un piccolo omaggio al suo autore!

Paolo ha detto...

Caro amico Raffaele,
voglio ringraziarti per le belle parole che hai voluto dedicare alla lettura del mio “Se vi accontentate”. Spero di meritamele tutte, ma se hai sentito il desiderio di esprimerle significa che qualche emozione devi averla provata.
Ti manderò una copia del primo “Ventisette Blu” sperando che ti piaccia come l'altro.
A proposito di emozioni, desidero parlarti quelle che ho provato la sera che mi sono fatto a piedi e da solo la strada che conduce al “Nascondiglio di Bacco” dopo aver lasciato la strada principale ed incamminato per il viottolo sterrato.
Avevamo passato la serata tutti assieme in quella pizzeria dove ci avevate portato tu e John: mangiato bene, bevuto il giusto, io avevo anche dimenticato per una volta la mia dieta da celiaco. Del resto di fronte a tante e tali tentazioni non era giusto incaponirsi in una scelta di sacrificio che, seppur necessaria, ammette qualche distrazione.
È stato forse anche il desiderio di espiare questo senso di colpa che mia fatto chiedere a Corrado di fermare la macchina appena dopo aver svoltato nel viottolo che conduce al “Nascondiglio” per poi raggiungervi a piedi. Devo confessare che non era la prima volta che avevo fatto una cosa del genere; mi è capitato in altre occasioni di percorrere il tragitto ristorate-casa di notte in aperta campagna, ma sempre in compagnia di amici con cui discorrere anche delle cose più inusuali ed il cui ricordo svanisce con la luce del giorno dopo.
In ogni caso, sempre strade conosciute, percorsi famigliari senza il dubbio di incontri imprevisti.
Quella sera, anzi notte ormai, è stata una cosa diversa. Me ne sono reso conto appena l'auto di Corrado ha svoltato dietro una curva e le luci rosse dei fanali posteriori erano svanite nel buio.
Rischierei di cadere nel banale o fare retorica se cercassi di raccontare tutta una serie di percorsi emotivi legati anche a lontani ricordi o personalissime associazioni ancorate a letture o storie dell'infanzia, ma alcune impressioni provate in quella mezzora passata da solo, nel buio totale, in un posto nuovo, ancora le porto con me. Non dimenticherò mai lo strano effetto che mi ha provocato l'impossibilità di vedere le mie scarpe e dove appoggiassi il passo, o l'ansimare insistito nel momento della salita che porta alla chiesetta romanica dove la presenza di una piccola luce rappresentava l'invito a moltiplicare lo sforzo. Piacevole la discesa verso il “Nascondiglio” , le figure degli amici che si intravedevano da lontano, il giro di grappa che per loro non era certamente il primo.
Caro Raffaele è stata una esperienza non banale che tu potresti anche consigliare a qualcuno dei tuoi ospiti purchè nuovi del posto e disposti a farla da soli.
Se dovessi descriverla con poche parole, userei: io, terra, Terra, palpitazioni, cane che abbaia, tempi lontani.
Nel film “Amarcord” di Fellini c'è una scena che può riassumere molte delle cose di cui ti parlo; il vecchio padre esce di casa avvolto nel suo tabarro e si trova immerso in una nebbia talmente fitta da perdere l'orientamento. Improvvisamente gli appare un grande toro immobile, imponente figura simbolica a incarnare, credo, le stesse sensazioni che ti elencavo.

Spero nella tua indulgenza per ridurre alla giusta portata il senso di queste riflessioni.
Cordiali saluti
Paolo.

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