11 febbraio, 2011

Il vigneto senza indirizzo

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A fine Luglio sulla lontana isola di Sicilia la temperatura è davvero torrida. Il sole furioso del pomeriggio cade sulla mia testa inesorabilmente, davanti a me la spiaggia tra Marsala e Trapani e le famose saline. Le colline di sale come nel deserto del Sahara. La luce del sole riflessa dal bianco del sale risplende nei miei occhi. Finalmente capisco perché il sole siciliano sia così famoso per la sua calura. Spacca i nervi e l’unica cosa a cui riesci a pensare è un bagno al mare. Purtroppo, il mare è un miraggio oltre i 2000 ettari di saline.
Se invece di andare in spiaggia, ho deciso di venire alle saline di Trapani e prendermi un insolazione, è solo per aspettare una persona.

‘Nino, potresti dirmi l’indirizzo preciso del tuo vigneto? Ho il navigatore che ci porta direttamente alla tua cantina!’
‘ehh... (dopo 10 secondi, finalmente...) il navigatore è inutile, perche non c’è indirizzo, è una strada sterrata. Forse è meglio che ci troviamo al bar vicino alle saline.’

Guardo in lontananza il vecchio mulino a vento che ancora lavora e produce i granelli di sale. Mentre il mondo sta andando velocemente verso l’alta tecnologia di produzione, in Sicilia, ci sono produttori che ritornano alla natura. Mentre tante aziende vitivinicole spendendo grandi capitali nell’attività di marketing per modificare i cervelli della gente: degustazioni, pubblicità e regali.
Mentre i padroni del marketing sono i leader del mercato, c’è sempre qualche pazzo scatenato come Nino, che non segue la tendenza e fa attenzione solo sulla salute dell’uva.

Non ha un bel vestito come tanti enologi, Nino, ma con i suoi pantaloni corti e i sandali cammina sicuro di se. La sua pelle abbronzata è il risultato del lavoro nei vigneti. Appena diventato trentenne, Nino sembra molto timido con i suoi occhiali da vista, se avesse la pelle chiara sembrerebbe uno studioso. A vederlo, non si direbbe che Nino sia enologo. Niente macchina di lusso, Nino guida una Fiat Punto rossa del 1993. Saliamo su, tiriamo giù il finestrino e subito, andiamo verso quel vigneto senza indirizzo.

Partiamo dalle saline e procediamo verso l’entroterra passando attraverso campi coltivati e una strada bianca. Dopo le colline, improvvisamente appare il vigneto verde coltivato a Zibibbo, Grillo e Catarratto; sono tre varietà siciliane autoctone delle zone di Marsala, Trapani e Pantelleria. Davanti ai suoi vigneti, il silenzioso Nino diventa un chiacchierone.

‘Assaggiate l’uva qua! Mangiate pure! Lo zibibbo è molto dolce in confronto alle altre uve. Qua, non utilizziamo pesticidi né fertilizzanti chimici, potete mangiare le uve senza preoccuparvi’. Il caldo torrido è solo un ricordo, Nino ci porta in giro nel suo vigneto con l’entusiasmo di un bambino. Lui ha scelto di non seguire i processi della vinificazione moderna e ha scelto di non assumere un enologo esterno. Forse perché anche suo padre faceva vino, e Nino ha così avuto modo di conoscere bene la materia fin da bambino.

Nino dice che una bottiglia di buon vino riesce a raccontare una storia. La storia della sua terra, del clima, della qualità dell’uva e della personalità del produttore. Perciò Nino ha deciso di produrre a modo suo. Abbandona lo standard moderno e usa la produzione biologica senza utilizzare pesticidi contro le malattie. La fermentazione usa lieviti naturali e la temperatura non è controllata. Ecco un vino che porta con sé il sapore autentico che quella terra e solo quella terra ha dentro di se. Con l’uva locale Zibibbo, invece di fare il famoso vino dolce, Nino produce un vino secco. Le uve dopo la vendemmia non vengono appassite, ma le pigiate per produrre subito vino. Il suo vino bianco Zibibbo ha un colore dorato con l‘inconfondibile profumo che ogni zibibbo sprigiona, non ha però quel gusto dolce tipico del passito. Ci sono dentro mandorle, giglio, amaro di cioccolato. Anche se fare vino come lo fa Nino e difficile sono tanti quelli che ci provano, ma solo in pochi riescono a farlo così buono. La cosa davvero difficile è riuscire a mantenere una buona qualità dell’uva anche senza l’utilizzo di agenti chimici e gestirla in modo da ottenere un prodotto non troppo torbido e privo di sapori ruvidi ed erbacei.

La qualità dell’uva decide per il 70% il destino del vino. Non si fa un buon vino senza una buona uva, sicuro!. Senza pesticidi per fare un buon vino, il produttore corre un alto rischio, serve una grande attenzione nelle pratiche agronomiche e la produzione è sempre limitata.

‘Guardate queste foglie di vite, piena di macchie, è malata. Ho coinvolto un entomologo con cui fare una ricerca su come curare questa malattia senza utilizzare pesticidi. Questa terra è stata abbandonata per tanto tempo, siamo stati noi a darle una nuova vita. Il vino vi racconterà la sua storia.’

Forse perché Nino è laureato in Scienze Politiche, o forse perché lui proviene da una famiglia di contadini, o forse perché è un testone. Fatto sta che lui ha deciso di tornare alla sua terra e lavorarla per quelle persone a cui piace il suo vino. Nino non ha intenzione di fare concorrenza a nessuno. Non gli interessa vendere più di altri né arrivare più lontano. Lui vorrebbe solo lavorare con persone che come lui condividono le sue idee, crearsi il suo piccolo spazio. Sulla strada di ritorno, Nino mi ripete: ‘Non perdere mai il tuo sogno.’

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