31 agosto, 2009

La Leva Calcistica della classe 68

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Per ricordare la partita del 29 Agosto 2009, il Derby a San Siro, Milan contro Inter.
Per la prima volta nella mia vita, filmo e monto un video. Ho usato ‘La Leva Calcistica della classe 68’di Francesco de Gregori come musica di sottofondo. Perché mi piace tanto il testo.


Francesco De Gregori
La Leva Calcistica della classe 68
Sole sul tetto dei palazzi in costruzione
sole che batte sul campo di pallone
e terra e polvere che tira vento
e poi magari piove
Nino cammina che sembra un uomo
con le scarpette di gomma dura
dodici anni e il cuore
pieno di paura
Ma Nino non aver paura
di sbagliare un calcio di rigore
non è mica da questi particolari
che si giudica un giocatore
un giocatore lo vedi dal coraggio
dall'altruismo e dalla fantasia
E chissà quanti ne hai visti e quanti
ne vedrai di giocatori tristi
che non hanno vinto mai
ed hanno appeso le scarpe a qualche
tipo di muro e adesso ridono dentro al bar
e sono innamorati da dieci anni con una donna
che non hanno amato mai
chissa' quanti ne hai veduti
chissa' quanti ne vedrai
Nino capi' fin dal primo momento
l'allenatore sembrava contento e allora
mise il cuore dentro le scarpe
e corse più veloce del vento
prese un pallone che sembrava stregato
accanto al piede rimaneva incollato
entrò nell'area tirò senza guardare
ed il portiere lo fece passare
ma Nino non aver paura di tirare un
calcio di rigore
non è mica da questi particolari
che si giudica un giocatore
un giocatore lo vedi dal coraggio
dall'altruismo e dalla fantasia
Il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette
quest'altr'anno giocherà
con la maglia numero sette

26 agosto, 2009

Le mani rosse

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[l’articolo è pubblicato sulla rivista Taiwanese, 'Organic Lifestyle']

Quest’anno c’è ancora freddo alla fine di Marzo, ho sentito sulle Alpi e nel centro Italia sta ancora nevicando. E’arrivato il momento di cambiare stagione, dall’inverno alla primavera. Stamattina, piove, c’è vento e fa freddo, gli animali sono ancora in letargo e io vorrei stare al letto. In questo momento arriva Corrado, mi tira via la coperta e mi chiede di andare fuori in giardino a lavorare, dice: ‘Siamo tutti fuori che stiamo facendo qualcosa di divertente, stiamo facendo una cosa che ti piace tanto. Metti una vecchia maglietta e vieni fuori.’



Sono in giardino, c’è Corrado che urla: ‘Vieni ad aiutarci!’sta uscendo dalla cantina con la maglietta corta e una cassa di bottiglie di vetro in mano. Dall’altra parte, c’è Paolo, il Padre di Corrado; Pietro e Chiara, il fratello e la nipote di Corrado, stanno portando fuori altre le bottiglie. Appena mi vede arrivare, Paolo, mi porta subito in cantina dove ci sono 14 damigiane da 28 litri con un cartello: Lambrusco. E’ il vino frizzante che bevono a tutti i pasti.



Il Lambrusco sembra sugo di uva. Mentre il mondo estero sta apprezzando i vini famosi come Barolo e Montepulciano, le famiglie nella valle del Po bevono tutti i giorni Lambrusco. Pensavo che forse perché il Lambrusco sia un vino economico, quindi sia diventato il vino quotidiano. Finché un giorno nella famiglia della valle Po, dove la mamma ha preparato salame, cotechino, parmigiano reggiano, prosciutto di parma (che sono tutti cibi salati e grassi), ho assaggiato questi antipasti. La mia gola lancia un segnale ‘vorrei la bevanda frizzante ed acida’: come dopo aver mangiato pistacchi tostati vuole bere la birra; come dopo il bagno al mare, vuole una doccia per pulire tutto il sale sul copro. In quel momento, non vuole bere vini come Barolo o Montepulciano, vuole solo un bicchiere di Lambursco, deglutire ed aspettare un fiato dallo stomaco con ancora il sapore di maiale. Poi appoggiarsi sul divano soddisfatti e prepararsi per la prossima fetta di salame. In questo momento, ho veramente capito perché il Lambrusco è così necessario nella valle Po.

Pensando ai pranzi, al salame ed al Lambrusco, lavoro di più. Entro nella stretta cantina, dove ci sono tante bottiglie vuote, più o meno 800. Ogni bottiglia ha una diversa etichetta, qualcuna ancora intatta, altre ormai consumate, si vede benissimo che sono stata riutilizzato più di una volta. Il collo delle bottiglie (anche quelle vuote) è chiuso con il tappo.

Corrado e Paolo stanno alzando una damigiana da 30 litri su un tavolo, sembra molto pesante. Dopo averla appoggiata, la aprono e si sente un leggero profumo di vino. Poi Corrado tira fuori i due tubi di plastica. Ne inserisce uno nella prima damigiana e collegandolo con la seconda damigiana. Il secondo tubo entra la seconda damigiana e si collega al riempibottiglie. La forma del riempibottiglie è molto strana, sembra uno sciacquone. L’altra parte del riempibottiglie ha due tubi di ferro, Corrado risucchia dai tubi di ferro, poi il vino esce dalla prima damigiana, passa attraverso i tubi ed entra nella seconda damigiana, poi arriva al riempibottiglie ed esce dai tubi ferro. Paolo comincia a spiegarmi che si tratta del principio dei ‘vasi comunicanti’ , Pietro e Chiara partecipano al discorso.

Quando il vino esce dal riempibottiglie, Corrado mette subito le bottiglie vuote, e il vino le riempie. Quando poi anche queste sono pieni, le passa a Paolo che le posiziona sotto la pressa e inserisce il tappo sigillandolo. Il sistema comincia a funzionare.









Pietro, Chiara ed io abbiamo portato tutte le 800 bottiglie in giardino riempiendolo. Le bottiglie devono essere controllate prima dell’utilizzo. La Chiara, tredicenne, è già in grado di svolgere tale funzione: prima guarda bene se c’è la muffa o l’acqua, poi sente con il naso se c’è puzza. Perché le bottiglie sono riutilizzabili tante volte. Ogni volta che una bottiglia viene bevuta, mamma Paola la risciacqua e la lascia asciugare naturalmente.

Imbottigliare è un’attività famigliare nella valle del Po, tutti i membri della famiglia vi partecipano. Il tutto si svolge a fine Marzo, perché dopo la vendemmia di settembre, servono 6 mesi per la prima fermentazione. Poi, la seconda fermentazione, che richiede almeno un altro mese, avviene in bottiglia. In Marzo, le famiglie comprano il vino sfuso dalle aziende vitivinicole, ed imbottigliano in casa. Marzo è il periodo giusto anche perché fa ancora freddo e secco e si evitano rischi d’inquinamento e di formazioni di muffe nei vini. Anche se imbottigliare è divertente, è comunque un impegno e sarebbe molto meno impegnativo comprare i vini direttamente in negozio.

‘E' vero quello che pensi. Possiamo comprare tutte le cose che vogliamo, sarebbe più comodo. Ma se ti fermi un secondo a pensare a quanto spreco si farebbe... Per esempio la nostra famiglia ha 7 persone e ogni giorno beviamo 2 bottiglie di lambrusco. Allora in un anno abbiamo bisogno di 800 bottiglie. Quelle che compriamo in negozio costano 3 euro, però sono di bassa qualità. Se compriamo quelle più buone costano 5 o 6.000 euro all’anno. In confronto, comprare i vini sfusi costa 1euro e venti. In un anno spendiamo 750 euro; è 7 volte meno.‘ Dice Paolo. Mi sono veramente colpito.

‘Poi, siamo un passo avanti, perché se comprassimo vini in negozio vuol dire che butteremmo 800 bottiglie ogni anno. Se pensi a 10 famiglie sono 8.000 bottiglie. Preferiamo lavorare un giorno come oggi, scherziamo un po’ per passare tempo, riempiamo le nostre 800 bottiglie per un anno, salviamo il portafoglio e la nostra terra.’


L’immagine della montagna di bottiglie mi fa paura. Sento la gente parlare di concetti complicati per salvare l’ambiente ma un’attività famigliare come questa sembra aver molto più significato. Niente di nuovo, non c’è bisogno di abilità particolari, anche la Chiara, tredicenne, è capace di farlo. Mi sembra di aver capito qualcosa, lo sviluppo sostenibile della società non è pura filosofia, ma si costruisce goccia a goccia.

‘A tavola!‘ dice la mamma Paola, nello stesso momento, il profumo di maiale esce dalla finestra. Lasciamo il lavoro, ci guardiamo le mani ormai rosse come il vino. Vabbé, adesso, voglio soltanto ondeggiare sul mare del Lambrusco.

25 agosto, 2009

Rosso fresco e sorridente

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Molti non lo considerano neppure un vino, altri non sopportano l’idea che possa essere rosso, freddo e con le bollicine. C’è che mi ha detto più di una volta che lo preferisce solo alla Coca Cola.


Ma tutti sono d’accordo su una cosa: il Lambrusco è il vino che più di ogni altro può esaltare i sapori della sua terra. Come una famiglia fa ogni giorno, il nostro vino si ritrova fianco a fianco sulla tavola sapori che conosce fin da quando è nato. Ogni cosa (come le persone) a tavola ha un ruolo ben definito. Il Lambrusco riesce benissimo a stare al suo posto, a recitare la sua parte senza essere troppo esigente. Fa della sua modestia l’aspetto più apprezzato dai suoi famigliari.

Immagina di avere ancora in bocca il sapore di un cotechino, di Parmigiano Reggiano e di una fetta di Spalla cruda o il calore di una fetta di polenta abbrustolita coperta da lardo ormai semisciolto e traslucido. A questo punto senti l’esigenza di bere qualcosa. Sorseggiare non è abbastanza. Hai bisogno di BERE! Aprire la bocca e deglutire più e più volte.

Se riempi un bicchiere di Lambrusco vedi subito che è un vino amico. Ti sorride e lo fa con una schiuma rossa che dura il tempo di un sorriso.

23 agosto, 2009

Musica dalle macerie

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Se pensi che stiamo ricostruendo una casa semplicemente per aprire un ristorante ed un bed & breakfast, o per sistemare la casa stessa o magari per trovarci il lavoro della vita; allora, hai visto solo il risultato.

Aprire un ristorante è un aspetto secondario; quello principale è creare uno spazio interattivo tra gastronomia, arte, letteratura e cultura – uno spazio che si trasforma con la comunità. Oggi, la Nico ha mosso il primo passo verso la realizzazione di questa idea. Ha chiamato un gruppo di giovani: le sue 3 figlie, Pietro il fratello quindicenne di Corrado e il suo amico Gianluca per fare un piccolo concerto tra le macerie.

Siamo andati dove prima c’era il soggiorno, ovviamente pieno di libri. Ora è pieno di polvere, cemento ed armature di sostegno. Abbiamo messo soltanto 3 sedie, i ragazzi prendono posto cominciano a suonare. In questo ambiente ci sarà sia la sala di pranzo per i clienti che la biblioteca e la sala da musica.

Musica allegra si diffonde dolcemente dalle macerie.











21 agosto, 2009

Suzzara (Amy)

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Non ho mai pensato che un giorno mi sarei fermata in un paese 18 volte più piccolo e meno densamente popolato di Hong Kong. Suzzara, un nome con i toni Z e R. I due toni forse più difficili da pronunciare per gli asiatici. E’ un nome che non riuseremo mai a ricordare se non dopo averlo ripetuto 50 volte.


L’immagine più profonda che ho di Suzzara è olfattiva. Suzzara è sempre piena di diversi profumi. All’inizio di Giugno, in tutta la val Padana si sente profumo di Letame. Sembra che anche il mio corpo sia diventato letame. Quando passeggio per la campagna in bicicletta, vedo il marrone ed il verde sui terreni coltivati, i contadini stanno spargendo letame. Poi, improvvisamente un giorno di fine agosto, il profumo di letame sparisce e viene sostituito da quello di fieno.

Al sabato mattina sono abituata ad andare in piazza Garibaldi a fare colazione e un po’ di spesa. Il mio naso segue il profumo del caffè e della torta, arrivo quindi al 3L Gran Caffè in via Montecchi. Ordino sempre un cappuccino ed una fetta di torta elvezia. Qua c’è il caffè più buono della città e l’elvezia è fatta in casa, ripiena di tanto zabaglione, bello giallo, con un buon profumo di tuorlo e marsala.

Mi piace tanto andare dal Gran Caffè alla Boutique del Latte in bicicletta. Il profumo di formaggi esce lentamente dalla porta mezza chiusa. Il profumo è complicato, è una miscela tra parmigiano reggiano, stilton e gorgonzola. Anche se non avrei bisogno di comprare niente, il profumo mi fa impazzire a tal punto che vorrei subito mangiare un pezzo di furmai.

Con il caldo torrido dell’estate, il corpo segue naturalmente la direzione del fresco. Un colpo di vento fresco della gelateria Fiore con il profumo di frutta fresca. Qui, c’è sempre pieno di gente in ogni momento, tutti con il gelato in mano che ha fatto Pino. Poi, mi piace passare da qui all’altra parte di piazza Garibaldi, dove abitano tanti indiani. Perche c’è sempre un buon profumo di Curry che si diffonde dalle loro case. Il profumo è una miscela di tante spezie orientali come i semi di finocchio, lo zenzero, il pepe ed i peperoncini. Ogni volta mi fa venire la voglia di entrare in casa loro per una festa di Curry.

C’è anche il mio spaccio preferito: la fattoria Rossi. Qui, posso comprare le carne di maiale, vacca, pollo, oca, cervo, coniglio e asino, le uova fresche e diversi tipi di dolci. La fattoria Rossi è appena fuori dalla città, si passa una rotonda e si arriva su una strada sterrata con tanto verde, poi si sente il profumo dell’azienda agricola. Quella di Rossi è l’unica azienda agricola famigliare con un macello certificato. Fortunatamente Rossi non è lontano da casa nostra, ci si può arrivare con la bicicletta in 5 minuti.

Questa immagine olfattiva di Suzzara è molto sofisticata. E’ un profumo complicato ci sono dentro tante cose ma non sento quella puzza per me tanto familiare di gas di scarico e di inquinamento da grande città.

la mia bicicletta

il mercato contadino ogni venerdì

Elvezia e caffe

3L Gran Caffe

20 agosto, 2009

Suzzara (Corrado)

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Viaggiare è sicuramente tra le cose più belle della vita. Non una vacanza, ma un viaggio.

Un viaggio che ti porta lontano, che dura a lungo e che ti immerge in una lunga parentesi di novità, entusiasmo, amicizie ed indipendenza. Viaggiare può diventare come una droga, ti sembra di non averne mai abbastanza e stai male se non riesci più a partire.

Ma qual è la parte più bella di un intero lungo viaggio?

E’ sicuramente il ritorno. Tornare a Casa.

Per me tornare a casa dopo un lungo viaggio ha sempre voluto dire tornare a Suzzara. Un piccolo paese sulle rive del fiume Po nella bassa Mantovana. Il clima d’inverno è rigido e piovoso, c’è sempre la nebbia e il cielo grigio. D’estate un caldo torrido e l’umidità svuotano le vie del paese di persone e le riempiono di zanzare. Cosa c’è quindi di così bello a Suzzara da regalarmi ogni volta l’emozione del rientro? Il mio tavolo da pranzo, la famiglia, gli amici. Già da sole queste cose potrebbero essere una risposta ma sarebbe troppo riduttivo fermarsi qua.

Anche se più di una volta mi è sembrato di fuggirne il più lontano possibile sono sempre riuscito a trovare nel mondo aspetti che mi ricordano la mia terra, Un tramonto sul fiume Po può valere tanto quanto uno delle isole Hawaii. Se le grandi capitali del mondo hanno un ambiente culturale e artistico di livello assoluto, Mantova, Parma e Verona hanno lo spirito da grande città ma e le dimensioni di una bicicletta; si ricordano sempre della loro storia e ti regalano la loro cultura e la loro musica. Le più esclusive gastronomie del centro di Manhattan mi ricordano quella piccola bottega di Suzzara che racchiude gli autentici sapori di tutti i formaggi del mondo. Grazie ad una fattoria che alleva gli animali come una volta, riesco a essere testimone di sapori che ancora sopravvivono.

Per anni ho vagato per i continenti cercando di scoprire il mondo ed ora che un po’ lo conosco riesco ad emozionarmi nel riscoprire i sapori, i gesti, le abitudini ed i luoghi che mi circondano.






14 agosto, 2009

Demolire e Costruire

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Demolire richiede poco tempo. In media 9 ore di lavoro ogni giorno, per 15 giorni, sono necessarie a demolire completamente l’interno di una casa di 350 metri quadrati su tre piani. Rimane solo il guscio.

Nelle ultime settimane, guardavo i muratori spaccare tutto in casa, poi portare una alla volta carriole piene di mattoni rotti al camion. Ogni volta che guardo questo, penso alla preparazione dell’anatra ripiena (se mai il muratore sapesse come si fa…). Prima di mettere il ripieno nell’anatra, devi togliere le ossia, ma allo stesso momento devi tenere integra la struttura esterna dell’anatra. Mentre togli le ossa, devi stare molto attento a non rompere la pelle, altrimenti, il ripieno esce dal buco.

È importante saper bene cosa voler fare prima della demolizione, altrimenti, non soltanto l’anatra perderebbe il suo ripieno, ma si rovinerebbe anche l’anatra in sé.


In 15 giorni di lavoro, la casa rimane solo il guscio.




Dopo la demolizione


Dopo la construzione









03 agosto, 2009

Il Solaio con le tavelle

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Dopo averne tanto sentito parlare, finalmente il solaio con le tavelle è comparso. Le tavelle del solaio originale sono state rimosse una ad una due mesi fa.

Veramente una ad una. Forse perché sono abituata a veder nascere e morire velocemente tanti palazzi alti, ma non ho mai pensato che qualcuno possa estrarre da un vecchio solaio tutte le tavelle una per una, scrostarle e lavarle una per una per poi riutilizzarle rimettendole al suo posto una alla volta.

Forse sono abituata a vedere le cose fatte in fretta, a vedere buttare via le cose senza pensarci, ma non ho mai creduto che le vecchie cose si potessero riutilizzare. Quando ho sentito il padre di Corrado dire che sarebbe stato necessario pulire ogni mattone pensavo che stesse scherzando.





In questi due mesi, continuo a vedere Corrado e suo padre che stanno ripulendo le pietre e restaurando il vecchio portone d’ingresso. Li ho visti lavorare nelle giornate calde, sudare, ascoltare la radio mentre continuavano a cartavetrare il legno del portone e a pulire le pietre. Ogni tanto chiacchierano, scherzano o scambiano qualche battuta con il vicino di casa. Sembra un lavoro faticoso che loro sono riusciti a farsi piacere. Alla fine hanno pulito tutte le pietre rendendole riutilizzabili.



Ieri, Corrado e i muratori hanno portato via le vecchie travi del solaio originale. I muratori hanno fissato con il cemento le travi di legno del nuovo solaio ed hanno iniziato a posizionare le pietre da poco ripulite.

Dopo averne tanto sentito parlare, finalmente il solaio con le tavelle è finito.


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